L’intelligenza emotiva consiste soprattutto nella capacità di governo delle emozioni che ci accompagnano. Vediamo un po’ da vicino alcune cose relative alle emozioni di base.
La paura
Se percepiamo un pericolo, a livello piu’ lieve proviamo preoccupazione, se aumenta l’intensità sperimenteremo paura vera e propria. Nei due casi, c’è sempre un oggetto che determina questi stati d’animo, collocato nel presente (es: un cane abbaia improvvisamente alle spalle, l’organismo e la mente reagiscono quasi immediatamente allo stimolo, preparandosi alla fuga). Se invece sperimentiamo ansia, l’oggetto è assente, in quanto è rappresentato nella nostra mente, mentre nella realtà l’evento non si è ancora verificato (es: domani dovrò affrontare un esame universitario piuttosto difficile, ed il cuore mi batte forte). La reazione psico-fisica sarà la stessa della paura, come se la cosa stesse avvenendo ora. Quando sperimentiamo il panico, potremmo sperimentarlo sia in presenza di un oggetto esterno (es: trovarsi in mezzo ad un incendio), sia per un oggetto interiore che nella realtà non esiste, come nel caso classico degli attacchi di panico. In questo caso, la cosa piu’ evidente è la perdita del controllo.
Lavorare sulla paura significa fare alcuni passi fondamentali:
La rabbia
La rabbia ha una valenza duplice: in termini costruttivi è un comportamento volto a superare un ostacolo e/o riparare una eventuale ingiustizia. Quindi un’emozione vitale per la nostra autoaffermazione. Ma può essere anche il risultato di una frustrazione che abbiamo accumulato e che stiamo scaricando su un oggetto differente da quello originale che l’ha provocata. Gli stimoli interni o esterni che scatenano la rabbia normalmente hanno a che fare con
Le modalità d’espressione possono essere funzionali, utili per l’individuo come:
Quando le modalità sono dis-funzionali, come la rabbia agita o sfogata, assistiamo alle classiche manifestazioni dell’aggressività fuori controllo. Se questo comportamento è ricorrente, il prezzo che paghiamo, in questo caso, può essere molto elevato, come il deterioramento della vita di relazione, nell’ambito familiare e lavorativo. Un approccio molto utile per stemperare la rabbia fuori controllo generata dalla percezione di un torto subito è il cosiddetto Messaggio in Prima Persona (MPP). Il messaggio in prima persona consente di stabilire relazioni assertive con il prossimo, mettendoci in condizione di esplicitare bisogni e desideri senza scadere nell’aggressività.
Come funziona il Messaggio in Prima Persona
Grazie alla tecnica del messaggio io, gli interlocutori non si sentono né colpevolizzati, né giudicati, e in questo modo possono ascoltare i bisogni degli altri con maggiore attenzione, ragionando sulle conseguenze a cui portano le proprie azioni. Gli step della tecnica del MPP sono 4:
Con la frase “Io mi sento triste – Quando non mi ascolti – Perché mi sento ignorato – E vorrei che tu mi considerassi di più” si otterranno sicuramente più risultati che non utilizzando la tecnica messaggi tu “E’ colpa tua – Quando tu non mi ascolti – Perché mi sento ignorato – Tu sei un egoista”. Nell’ultimo caso l’interlocutore si offenderà, o si arrabbierà e probabilmente attiverà un atteggiamento di difesa che interferirà con la comunicazione. Utilizzare la tecnica del messaggio io è indispensabile quando si attraversa una situazione di difficoltà dettata dall’altrui atteggiamento. Grazie alla tecnica del confronto si condividono quelli che si reputano atteggiamenti inaccettabili e con semplicità si comunica all’altro come ci si sente in un determinato momento. Il pregio della tecnica è quello di non valutare direttamente la persona, ma la sua azione: non “tu sei”, ma “io sento”.
La tristezza
La tristezza è l’emozione del lutto. Proviamo tristezza davanti a tutto ciò che è irreversibile: quando perdiamo qualcuno, o qualcosa, e non possiamo fare nulla per riottenerli. Sperimentare la tristezza è cosa normale e spesso utile; diviene una condizione critica quando si affaccia quotidianamente e stabilmente nel tempo. Allora parleremo di depressione. Susie Orbach scrive: “Sono le nostre reazioni alle circostanze avverse che ci rendono umani, e la nostra capacità di sopravvivere a queste emozioni, di crescere con e attraverso di loro, fa parte di quello che chiamiamo maturità. La tristezza, quindi, è soprattutto un meccanismo di protezione, che ci mette “a riposo” per consentirci di elaborare una perdita e riorganizzarci verso nuovi progetti e propositi. Le persone affrontano la tristezza in modi diversi, attraverso i meccanismi di coping adattativi (il modo costruttivo in cui affrontiamo un’avversità). Tra i piu’ efficaci consideriamo:
A volte la tristezza può essere mantenuta da strategie di coping disfunzionali, come ad esempio la ruminazione, che consiste nel perdersi in pensieri ricorrenti e/o fantasie, oppure tendere all’isolamento. Altro comportamento altamente disfunzionale è mitigare la tristezza attraverso il cibo o sostanze che creano dipendenza (il fumo in primis), inaugurando un circolo vizioso dal quale è poi difficile uscire.
La gioia
L’emozione della gioia è legata alla soddisfazione di bisogni profondi, in particolare alle istanze piu’ arcaiche legate alla sopravvivenza e all’attaccamento. Siamo gioiosi quando raggiungiamo un obiettivo importante, e spesso non sperato. Come per le altre emozioni, la gioia ha una base neurale che regola il processo nel suo complesso.
Dal punto di vista anatomo-funzionale, il sistema di ricompensa cerebrale è un struttura funzionale complessa che si origina nei nuclei profondi dell’encefalo ed è distribuita soprattutto nei centri cerebrali preposti al controllo degli equilibri fisiologici – dove vengono valutati i bisogni organici – e a quelli implicati nel comportamento motivazionale ed emozionale. Attraverso l’attivazione dopaminergica, il sistema di ricompensa cerebrale in tal senso fa sì che i comportamenti risultati utili a soddisfare i bisogni organici siano gratificati e rinforzati attraverso la connotazione emotiva del piacere, inducendo quindi la persona a ripeterli
La ricerca ha evidenziato che il sistema dopaminergico è la base neuro-chimica degli effetti rinforzanti, come per le sostanze per le quali si può sviluppare la dipendenza. Una buona parte delle sostanze che creano dipendenza agisce su sistemi neuronali arcaici, la cui stimolazione produce piacere, e che si sono evoluti per codificare i comportamenti utili alla sopravvivenza dell’individuo e della specie. Le sostanze che creano dipendenza attivano i neuroni dopaminergici del cervello emozionale e i recettori degli oppioidi nel sistema nervoso dei mammiferi, bersagli anatomo-funzionali di ciò che potrebbe essere definito il “circuito neuronale comune” per la gratificazione ovvero sistema della regolazione delle motivazioni.
La gioia è sicuramente un’emozione positiva, forse l’unica rispetto alla gamma delle emozioni di base. Il paradosso, spesso, è rappresentato dal fatto che la ricerca costante di stati di gioia allontana sempre di piu’ l’emozione desiderata, in una rincorsa senza fine, che spesso è alla base di comportamenti di abuso di sostanze per noi dannose, ma che temporaneamente ci concedono dosi di dopamina “effimera”.