Ci sono aspetti ricorrenti che possiamo osservare nel comportamento delle persone quando si verificano delle epidemie. Gran parte degli studi più recenti sono stati fatti dopo un’altra epidemia (sempre da Coronavirus), che fortunatamente fu contenuta entro certi limiti. Parliamo della SARS, che tra il 2003 e 2005 colpì soprattutto i paesi asiatici e il Canada, causando circa 800 morti. Questa polmonite virale altamente contagiosa fu scoperta da un medico italiano (che ne morì). I dati raccolti all’epoca, in termini di riflessi psicopatologici sulle persone segregate prevalentemente negli ambienti domestici, indicarono che isolamenti anche inferiori ai dieci giorni possono portare a effetti a lungo termine. Ancora dopo tre anni, essere passati dalla quarantena correlava con sintomi di stress post traumatico e abuso di alcool o altre sostanze. L’ansia generata dal contatto con “l’altro”, in cui diventa un potenziale nemico chiunque si avvicini ad una certa distanza, lascerà una traccia nel tempo. Nel caso dell’epidemia SARS, difatti, i comportamenti di evitamento sono rimasti per mesi in parecchi casi (tra l’altro, si è trattato di quarantene più brevi). In aggiunta, considerando una variabile tipica del quadro attuale, i contraccolpi economici contribuiscono al quadro traumatico e vanno a peggiorare ulteriormente le condizioni psicologiche. I soggetti più colpiti dagli effetti psicologici della quarantena sono le donne e i giovani tra i 16 e i 24 anni. A questo riguardo, ci sono indicazioni plausibili di igiene psicologica che possiamo tutti seguire: mantenere uno stile di vita salutare in casa, coltivare le relazioni sociali anche utilizzando i diversi canali digitali a disposizione, limitare il tempo dedicato alle ricerche compulsive di informazioni che potrebbero turbarci, ricercare solo notizie da fonti accreditate, non gestire lo stress utilizzando fumo, alcol o altre sostanze, non avere timore di chiedere aiuto. Attualmente, l’OMS ha divulgato alcune “microtattiche” comportamentali che possono alleggerire, se non risolvere, il quadro psicopatologico. Vediamole assieme: